NOTE SU KAZIMIR MALEVICH
Alexei Gan
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 7 dicembre 2013
RINEGOZIARE GLI ATTI MANCATI
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Queste note sono effettivamente semplici note.
La nostra letteratura dedicata alle nuove forme del lavoro artistico e quasi priva di ricerche dedicate alla interpretazione materialistica dei suoi problemi.
Ma anche quel poco che abbiamo riveste un carattere piuttosto dogmatico e non critico-scientifico, giacché gli studiosi affrontano il lavoro artistico dal punto di vista della vecchia interpretazione dell'arte.
 Per decidere su un determinato fenomeno artistico è indispensabile trovare le radici della sua nascita, procedere a un'analisi dei procedimenti formali e metodologici impiegati dall'artista e trovarvi il rispecchiamento della sua concezione del mondo.
Questo lavoro, naturalmente, ci condurrà a una giusta soluzione del compito prefisso, se la sua sostanza consisteva per l'appunto nel trovare il carattere della concezione del mondo dell'artista. Ma dobbiamo ricordare che l'arte, soprattutto ai nostri tempi, non è soltanto ideologia, essa è anzitutto una delle funzioni più rilevanti dell'industria. Nell'esaminare i nuovi aspetti del lavoro artistico non possiamo dimenticarlo, così come è impossibile dimenticare l'orientamento produttivo cui l'artista ricorre nel suo lavoro.
Nell'URSS l'arte si stacca in maniera sempre più palese e decisa dalla sua attività speculativa, irrazionale, dalla sfera del suo servizio ideologico « spirituale », e si inserisce nettamente nella produzione industriale. Ma da noi ciò viene ignorato e i nuovi aspetti del lavoro artistico, le sue vie sperimentali e la sua essenza produttiva vengono considerati quale produzione materiale dell'attività « spirituale » dell'artista. Questo stato di cose dà luogo a un atteggiamento unilaterale, antiscientifico nei confronti dell'arte nuova, a una sua interpretazione unilaterale, talmudistica, che costringe i nostri più nod studiosi dell'arte a dire spesso delle sciocchezze riguardo a numerosi fenomeni nuovi della cultura artistica.
Kazimir Malevic è una delle vittime di queste assurdità. .Egli è un suprematista. Il suprematismo è la sua scuola artistica, da lui creata alla vigilia di questa guerra e da lui conseguentemente applicata a tutt'oggi. Il suprematismo è nato nel corso di una lotta sempre più aspra tra i vecchi e i nuovi pittori e le loro scuole. Per dirla in breve, questa lotta si può definire come una lotta decisa tra l'astrattismo e il naturalismo.
Il pittore naturalista, servendosi dei mezzi della tecnica pittorica, esprimeva le sue idee, la sua concezione del mondo, copiando semplicemente le forme esteriori della natura. Egli considerava natura tutto ciò che lo attorniava e che faceva parte della realtà. Questa aspirazione a rispecchiare la realtà ha portato l'arte della pittura a un alto livello dell'espressione tecnica. Il pittore astrattista mirava a utilizzare il virtuosismo della tecnica professionale, onde esprimere la sua concezione mistica (sic!) del mondo deformando le forme reali della natura e provando in questo suo procedimento espressivo una maggiore libertà anche per aver violato l'equilibrio metafisico. L'astrattismo occidentale, nel complesso, esprimeva psicologicamente la scissione individualistica e il fallimento della ideologia piccolo-borghese.
Accettando inconsciamente le forze materiali della vita, lo sviluppo della produzione della tecnica e della scienza capitalistica da un lato, e portando dentro di sé, nella sua psiche, la decadenza dell’individualismo piccolo-borghese, le tendenze mistiche ed il pessimismo, dall'altro lato, il pittore cessava di esprimere e raffigurare la ideologia della classe dominante, cioè la borghesia, smetteva di servirla e di servirne gli scopi e mancando di radici e connessioni con l'altra forza sociale che stava nascendo, una classe nuova, il proletariato, si allontanava sempre di più verso un vuoto formalismo, considerando il suo mestiere non come una via sperimeritale di carattere produttivo, bensì come una nuova maniera delle sue rivelazioni « spirituali ».
Questa raffinata ricerca formale delle arti figurative è giunta sino a noi provenendo dalla Francia.
 Kazimir Malevic ha manifestato in maniera molto vivace e piena di talento le sue capacità pittoriche servendosi della maniera espressionista(sic!). Le sue mietitrici, la serra con il giardiniere, nonché i funerali campagnoli, tempere su semplici fogli di carta talvolta su tre o quattro fogli incollati insieme, ebbero allora il successo che meritavano. Erano tutti estremamente oggettuali.
La campagna, il suo lavoro e la sua vita costituivano la base delle costruzioni tematiche del pittore. Dall'espressionismo Malevic passò al cubismo, o a dir meglio al futurismo, servendosi di un sistema di costruzione di composizioni cubistiche; egli lavorò con grande accanimento su piccole superfici durante la fase del cosiddetto alogismo e, infine, rotti definitivamente tutti i ponti colla pittura oggettuale, produsse quel suo quadrato nero su tela bianca.
Ecco come Malevic arrivò al suo quadrato. Avendo ereditato la cultura pittorica del pittori formalisti, ogni passo dei quali lo avvicinava sempre più all'astrattismo, egli decise che il compito della pittura fosse anzitutto quello di esaltare il colore e le soluzioni cromatiche. Come Cezanne - « l'ultimo genio del naturalismo » (così lo definivano gli studiosi idealisti dell'arte) - aspirava a ridurre tutte le forme analitiche della natura a poche forme geometriche, ad allontanarsi dal chiaroscuro degli impressionisti e ad imboccare la via pittorica della pura cromaticità, così anche Malevic - passato attraverso altre discipline pittoriche, nate dopo Cezanne - giunse alla conclusione che le cose, gli oggetti, la natura, in una parola qualsiasi oggetto della composizione pittorica possedesse nel suo contenuto oggettuale un'importanza secondaria, mentre quella primaria consistesse nella forma colorata piatta su una superficie: un quadrato, un cerchio, un cono, e altre costruzioni grafiche che consentono al pittore di risolvere problemi puramente pittorici.
Si può considerare questa soluzione da due diversi punti di vista. Da un lato decidere se è giusta o no la soluzione fornita dal pittore sul piano dei princlpi, dall'altro considerare questa soluzione, questa « concezione del mondo » di un professionista della pittura, come un prodotto sociale.
Nel nostro caso, siamo costretti a rinunciare all'analisi di ambedue le cose, poiché queste nostre sono semplici note che dobbiamo stendere per spiegare quale fosse l'atteggiamento nei confronti dei problemi dell'architettura contemporanea degli ultimi lavori di Kazimir Malevic.
In questi ultimi anni il compagno Malevic ha lavorato esclusivamente nell'ambito delle composizioni suprematistiche volumetriche. Egli lavora intorno al problema delle forme volumetriche e spaziali delle masse materiali. Esteriormente ciò si connette in un certo qual modo con gli stessi problemi che naturalmente devono affrontare anche gli architetti, ai quali è demandato il compito di creare le forme nuove dell'architettura contemporanea.
L'architettura contemporanea, oggi come oggi, da questo punto di vista, segue più di una via. In essa troviamo parecchie scuole e numerose correnti.
Da noi sono ancora in vigore i vecchi arcaici metodi di lavoro: l'imitazione delle forme passate dell'antichità classica e dei più vari stili del passato. Inoltre, noi abbiamo una scuola del metodo formale in architettura, correnti che imitano - oggi particolarmente fiorenti in occidente - la scuola delle costruzioni compositive astratte e, finalmente, il costruttivismo, che elabora nella teoria e nella pratica della nuova costruzione architettonica il metodo funzionale.
Lasciando da parte i procedimenti arcaici, che ormai sono morti da lungo tempo, ci soffermeremo su due metodi affini tra loro: delle ricerche formali e astratte in seno alla nuova architettura.
La scuola formale, capeggiata dall’architetto Ladovskij (Asnova), in linea di principio nega l'arcaismo in architettura; è impossibile imitare gli stili del passato, sia pure quelli classici; non è moderno.
Ma l'architettura moderna deve possedere un suo stile. Per creare questo nuovo stile occorre affrontare i compiti architettonici in maniera razionale.
Ecco la posizione della scuola formale.
Quanto a risolvere il problema dell'alloggio nuovo, dei nuovi edifici resi necessari dalle nuove condizioni sodali da cui trarre lo spunto per avviarsi verso le forme e lo stile, questa scuola non è in grado di farlo, giacchè i formalisti non intendono legarsi alla realtà quotidiana del nostro tempo. E benché parlino con la bava alla bocca del carattere arcaico dell'architettura esistita in passato, i loro progetti dal punto di vista della «economia della energia psichica della percezione » (è la formula dei formalisti), sono estremamente atavici e grevi, poiché essi ci conducono a qualcosa di artefatto e di estraneo, e piu di tutto ai morti monumenti del passato, agli stili fossilizzati nei secoli.
Malevic è un intuitivo, e tutte le sue opere sono di carattere intuitivo. Le radici dell'attività artistica del fondatore del suprematismo nuotano indubbiamente nel vivo maremoto del suo subconscio, in cui si situa una suffidente quantita di esperienza. Questa esperienza però non è organizzata dalla coscienza e perciò non facilita quel lavoro realmente utile che invece potrebbe scaturire da un notevole talento.
Ma se nelle composizioni volumetriche del suprematismo non esistono le proprietà realmente utili dell'oggetto, cioè se le opere suprematiste non hanno quel valore concretamente sociale senza il quale l'architettura moderna non è un'architettura, nonostante tutto ciò, sul piano delle ricerche astratte di una forma nuova in quanto tale, queste opere hanno un'importanza enorme.
In che cosa consiste precisamente il maggiore ostacolo che trova sul suo cammino l'architettura nuova, tesa a soluzioni formali?
La costruzione architettonica è un enorme oggetto sociale. Non soltanto assolve una funzione al proprio interno, ma all'esterno e al servizio della vita sociale. Occorre impostarla e mostrarla in maniera che la sua esistenza non evada da tutto il complesso della vita sociale e del suo ordinamento.
Le vecchie forme canoniche del classico sono state superate sia sul piano della vita quotidiana, sia su quello costruttivo, e di conseguenza anche su quello formale. Così si svolgono delle ricerche. Queste ricerche seguono due direzioni: verso la forma dell'edificio partendo dalle fondamenta teoriche di una estetica razionalistica, e dalla funzionalità, dall'importanza pratica della costruzione e della forma. La prima direzione è quella seguita dai formalisti, la seconda è quella dei costruttivisti. Malevic non aderisce né al primo gruppo né al secondo e segue una sua via puramente suprematista, mirando al « primato ».
Che cos'è la pittura suprematista? « La pittura suprematista - risponde Malevic - è il primato del colore e della composizione cromatica, fondata sul calcolo: peso, velocità e direzione del movimento ».
Che cos'è l'architettura suprematista? « E’ il primato delle masse volumetriche e la loro soluzione spaziale tenuto conto del peso, della velocita e della direzione del movimento ». Così, pensiamo, risponderebbe il suprematista Malevic se gli venisse rivolta questa domanda.
E’ vero, questa formulazione metafisica non dice molto a  chi si sia formato materialisticamente; tuttavia Malevic non soltanto parla, ma fa e ciò che riesce a fare, ripeto ancora una volta, riveste un’enorme importanza psicologica. Nei suoi nuovi volumi suprematistici e nelle sue combinazioni volumetriche non esiste la minima traccia di atavismo.
Questo è importantissimo. Proprio adesso, in questo periodo di lotta accanita per una forma nuova in architettura, giacché la psicologia sia dei vecchi maestri, che degli studenti delle facoltà di architettura, che, anche, delle forze attive che agiscono in seno alla società, non riescono a fare un passo avanti e ad allontanarsi dalle vecchie forme di architettura; non riescono ad immaginare nuove soluzioni, né soprattutto soluzioni moderne.
Ed ecco che da un lato la comparsa di queste opere suprematiste può assolvere una funzione importante ai fini della svolta da imprimere alla situazione, e dall'altro la pratica suprematista potrebbe riuscire parecchio utile, ove fossa introdotta nei programmi di studio della principale facolta del Vchutemas, quale corso parallelo agli studi condotti sotto l'influenza del laboratorio di Tarvsdsk e del psicologo Muenstenberg, inculcando agli studenti le basi dell'estetica razionalistica e indagando sulle leggi dell'equilibrio delle forme semplici, della divisione in parti disuguali e altro ancora.
La novità, la purezza e l'originalità delle composizioni suprematistiche astratte promuove indubbiamente un nuovo atteggiamento psicologico-percettivo di fronte alle masse volumetrico-spaziali. Questo sarà riconosciuto come un grande merito di Malevic. L'inserimento poi delle sue opere pratiche nelle università insegnerà ai nostri giovani ad eseguire i loro lavori accademici in maniera nuova anche sul piano qualitativo
Da noi nessuno scrive di Malevic. Probabilmente perchè i nostri più noti studiosi dell'arte non riescono a decidere che cosa voglia esprimere il suo famoso quadrato nero su fondo bianco: la decomposizione della borghesia o, al contrario, l'ascesa della giovane classe del proletariato?
Così non va, cari compagni. Occorrono nuove forme di lavoro artistico e un atteggiamento critico diverso, produttivo.

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Dalla rivista SA, n. 3, 1927. - Fu la rivista dell'Associazione degli Architetti contemporanei (OSA). Negli anni in cui fu pubblicata svolse il ruolo di organo ufficiale del movimento costruttivista (1926-1930). Lo scritto è riportato in L'Architettura del Costruttivismo, di Vieri Quilici, ed. Laterza, Bari 1969, pp. 396-401